L’anfiteatro romano di Taranto giace sotto l’area dell’ex mercato coperto di via Anfiteatro, oggi trasformata in parcheggio a pagamento
L’anfiteatro romano di Taranto, intero nella sua ellisse e alto dal piano di calpestio almeno 8 metri, ancora giace ignorato sotto i parcheggi l’ex mercato coperto. Ne è convinto lo storico Nicola Cippone.
Secondo qualcun altro, invece, non ne resta che qualche piccolo frammento. “Da ridere!”, commenta il dott. Cippone.
Noi ci fidiamo del dott. Cippone e riproponiamo un suo articolo pubblicato sul Quotidiano del 2004:
“In via Anfiteatro vengono dissotterrati quei ruderi che da sempre la comunità tarantina anela di vedere, gli stessi ruderi che oltre duecento anni or sono, nella primavera del 1789, il nobile svizzero De Dalis Marschlins, economista ed appassionato di antichità, giunto a Taranto al seguito dell’arcivescovo Capecelatro, descrisse dopo alcuni sopralluoghi fra i relitti della città antica: “Verso sera visitai il giardino dei monaci Teresiani onde esaminare gli avanzi del classico teatro di Taranto. Un arco basso, pochi gradini ricoperti di rovi (…).” Diciotto anni prima, nel 1771, Cataldantonio Carducci descrisse i pochi ruderi che erano ancora visibili nello stesso giardino, tutti d’opera reticolata (…). Dovrebbe bensì scavarsi per osservar dove vadano a finir quegli spezzoni (..).
All’orlo del fondo dove sono quei vecchi muri del suddetto Giardino de’ Teresiani, fu per avventura l’anno passato una volta obliqua, appunto come di una tromba di scala, che va sotterrai..), da ciò potrebbe venirsi forse in cognitione, per dove correva l’ordine de’ sedili, che avean portici e scale.”
A pochi metri dalla riva di Mar Grande quei pezzi dell’anfiteatro in opera reticolata, consumati dal sole e dalla salsedine portata dallo scirocco, spuntavano ancora fra le piante dì cappero e cipollazzi nel giardino sotto il convento Teresiani, oggi S. Giovanni di Dio.
“Sarebbe molto facile”, commenta il nobile de Salis, “ripulire e liberare dai rottami quel posto memorabile, e forse anche lasciare scoperta la parte inferiore del teatro; ma dappoiché ò caduto nelle mani dei monaci, è facile prevedere che la cosa non si avvererà giammai”.
Finalmente oggi, dopo due secoli, l’anfiteatro inizia ad affiorare nell’omonima strada, con muri in opera reticolata che sostenevano le gradinate, scalene in opus latericium di accesso ai diversi settori.
Il livello dell’area occupata all’epoca dal monumento è artificiale, in quanto fu ricavato sul crinale di un’altura rivolto verso Mar Grande, Montedoro, esistente fino alla prima metà dell’800.
Comunque, con ogni cautela, in base alla documentazione cartografica raccolta in numerosi archivi da chi scrive, l’impianto del monumento dovrebbe trovarsi a 6 o 7 metri sotto l’attuale piano di calpestio di via Anfiteatro.
Gli scavi e la successiva fruizione dell’anfiteatro grazie ad un percorso sotterraneo, contemporaneamente al restauro e riuso a teatro d’animazione del mercato coperto, che non deve essere rimosso, contribuirebbe a dare un valore culturale straordinario all’intervento.
Rassegnarsi ad un programma che prevedesse il restauro ed il riuso del mercato coperto a teatro d’animazione e per questa ragione costringesse la comunità tarantina a rinunciare ancora per secoli alla fruizione dell’anfiteatro sottostante sarebbe una soluzione insopportabile. In una città affollata di associazioni, società, istituti, uomini di cultura pronti a raccogliere medaglie e prebende, tuttavia misteriosamente renitenti – ma non troppo – sull’argomento, il Comitato per la valorizzazione dell’anfiteatro tarantino – di cui lo scrivente è il portavoce – sostenuto da poche associazioni ambientaliste, è stato il solo a difendere il monumento della città magnogreca.
Attualmente più fattori contribuiscono acchè si realizzi il rinvenimento archeologico più importante di questo secolo: l’attività della Soprintendenza Archeologica che, nonostante alcune difficoltà iniziali e le notorie esigue risorse, ha imposto i dispositivi previsti dalla legge; l’impresa costruttrice che, essendo di Taranto, opera bene e nell’esclusivo interesse della città e, non ultima, la vigile e silenziosa attenzione della città intera.
Ahimè, diciamo noi, il recupero non c’è stato durante il decennale dell’attuale sindaco, e neanche il teatro di animazione, sono ritornati gli uffici comunali, il piano è stato asfaltato e tutto quello che diceva la dottoressa che cita il nostro Cippone, è un rettangolo recintato spesso con spazzatura senza un cartello e con…quattro pietre”
Ecco intanto, le foto dei rinvenimenti, pubblicate dall’archeologo Gianluca Guastella: