Una vera notte di fiaba è quella a cui ho assistito giorni fa su Corso Due Mari, a Taranto la Città dei Delfini.
Passavo di lì e mi sono lasciato incantare da co’ tanta bellezza. Qualcuno la chiama la Grande Bellezza, perché ha in sé qualcosa va al di là della fisicità delle cose. E’ di più.
Sarà che per 50 anni ci siamo sorbiti lo schifo di un concentrato industriale, quello che si è dipanato dinanzi a me è stato uno spettacolo struggente. Il prof. Marescotti di Peacelink l”avrebbe chiamata resilienza. Questa città mostra chiari segni di insofferenza nei confronti di quei mostri dalle alte ciminiere. Si badi bene: so bene quanto le medesime ciminiere ci abbiano dato in tutti questi anni. Il progresso, le comodità, la villa al mare, l’automobili, le villeggiature in montagna o al mare. Ma all’epoca avevamo un’altra coscienza. Anzi, non ce l’avevamo affatto. E non per cattiveria, ma perché questo Sud ci ha sempre un po’ condannati ad essere quello che altri hanno voluto che fossimo.
Prima dell’insediamento dell’Ilva, l’allora Italsider, e poi della Raffineria Eni, c’erano masserie, uliveti, grandi distese di verdi vigneti. Un paradiso terrestre. Le tante sorgenti d’acqua purissima che vi erano attorno ne ispiravano la sensazione. Ma si aveva fame. All’epoca l’economia si basava quasi prettamente su agricoltura, allevamento e pesca. Qui eravamo come nel 1500. Indietro in tutto e per tutto. Solo una certa aristocrazia si salvava. La stessa che poi ha colonizzato la città, cementificandola a più non posso, usandola a più non posso, sfruttandola alla stregua di una prostituta che ha dato tanto. E che non è mai invecchiata.
Oggi quella prostituta ha deciso di alzare la testa.
Forse ispirati dalla leggenda di Taras, forse perché stanchi di farci mettere i piedi addosso, Taranto oggi sta cominciando ad assumere una nuova consapevolezza. Quella di una città nuova, che si vuole mettere alle spalle le ciminiere, il petrolio. E che vuole rinascere con la forza di un’economia alternativa alla grande industria, forte del suo mare, dei suoi delfini, del suo genio artistico, della sua fierezza storica e delle sue capacità artigianali.
Il mare, la luna, il Castello sono i simboli di questa città.Il mare è la ricchezza. La luna è il sogno. il Castello siamo noi, per difenderci ancora una volta dai moderni coloni, quelli mascherati da apportatori di modernità, quelli che si presentano con la faccia pulita nonostante un passato non troppo lontano di malefatte, di guadagni facili, di accordi sottobanco.
Il mare, la luna, il Castello.
Possiamo farcela.
E’ ora di cambiare le sorti di questa bistrattata città!