Restare o partire: sintesi di un sogno e disamina di un dubbio

Alessandra CongedoIntervista ad Alessandra Congedo, giornalista e titolare di Inchiostroverde.it. Le abbiamo chiesto se restare o partire. Ma ci ha raccontato molto di più

Cos’hanno in comune Alessandra e Inchiostroverde.it?

Quasi tutto. Inchiostroverde.it è la mia creatura virtuale, la realizzazione di un sogno cullato da anni. Ormai è una protesi del mio corpo. E’ la parte di me che si indigna e denuncia i soprusi ambientali, ma sa anche riconoscere le bellezze di un territorio così “follemente” deturpato. Basta fare una visita all’Oasi “La Vela” o percorrere in pieno giorno la Circummarpiccolo per rendersene conto: la natura resiste e rilancia. Inchiostroverde.it è la mia scommessa più grande nel periodo peggiore del giornalismo nazionale e locale. Dopo anni di precariato e sfruttamento, vissuti nell’ambito di più testate locali e regionali, ho deciso che era arrivato il momento di investire il mio tempo, il mio denaro e le mie energie in qualcosa di mio. Ma non in maniera egoistica. Ho pensato di mettere a disposizione della comunità la prima testata giornalistica on line tarantina interamente dedicata alla salute e all’ambiente. Uno spazio aperto al contraddittorio rivolto a tutti: dagli ambientalisti agli operai.

Qual e’ il tuo mestiere?

Nella mia vita ho fatto un po’ di tutto: dalla segretaria alla responsabile di un ufficio gare d’appalto. Sono sempre stata piuttosto duttile. D’altronde vengo da una formazione “trasversale”: mi sono diplomata in un istituto commerciale per poi laurearmi in Scienze della Comunicazione a Lecce. Tra il 2004 e il 2006 ho frequentato un corso di giornalismo a Roma che mi ha cambiato la vita. Li, sin dalla prima lezione, ho avuto la conferma di qual era la mia strada. Ho lasciato il comodo impiego d’ufficio e mi sono lanciata in una sfida da coltivare ogni giorno. Sono una giornalista, quindi, ma non sempre a tempo pieno. Una freelance che cerca di applicare nel suo piccolo le regole del buon giornalismo puntando su passione e oggettività.

Dove vuoi arrivare?

Voglio arrivare a vivere di questo mestiere. Detta così, al giorno d’oggi, sembra quasi un’assurdità. Il panorama giornalistico è talmente desolante da non lasciare intravedere grandi opportunità di crescita professionale e di gratificazione economica. Il giornalista del nostro tempo è costretto a dividersi tra più mestieri: seguire le conferenze stampa di mattina, scrivere l’articolo all’ora di pranzo e raggiungere un call center nel primo pomeriggio. E lì, con le cuffie alle orecchie e lo stress che sale ad ogni telefonata, il reporter precario accantona il suo sogno per guadagnare uno stipendio. Solo per quelle ore. Perché quando torna a casa, a tarda sera, ha nuovamente la voglia di battere con le dita sulla tastiera del suo pc per tornare a scrivere.

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Perché sei ancora a Taranto? Chi te la fa fare?

La verità? Non c’è giorno che non mi ponga questa domanda. In certi periodi la tentazione della fuga è talmente forte da togliere il fiato. Viviamo in una realtà miope ed arida, più brava a spegnere gli entusiasmi e le passioni che ad alimentarle. Una comunità amministrata malissimo che continua a votare gli stessi responsabili dello sfascio. Qualche mese fa ho scritto un articolo dal titolo “Restare o partire – Tarantini al bivio”, che ha avuto migliaia di visite. Ho raccontato le storie di amici e amiche che hanno maturato scelte molto diverse: chi è partito per sempre, chi è tornato, chi non ha mai avuto il coraggio di staccare il cordone ombelicale con la città e la famiglia di origine. E poi c’è chi, nonostante tutto, ha “scelto” di rimanere a Taranto perché è qui che sente di poter dare il proprio meglio. Tra la gente che conosce e i luoghi che ama. Io sono tra questi. Almeno finora.

Di’ la verita’.. Ti finanzia papa’ o i servizi segreti? Come fai a dire sempre quello che pensi?

Ad avercelo ancora un papà. Ho perso entrambi i genitori nel giro di qualche anno. Grazie a loro, ai risparmi di un maresciallo di pubblica sicurezza e di una casalinga, ho potuto studiare e coltivare la mia passione. Poi ci ho messo del mio cimentandomi in diversi lavori. Ho mantenuto la mia libertà a costo di enormi sacrifici, ma senza questa libertà mi sentirei inutile. Se siamo in questo mondo è per lasciare un’impronta, gigantesca o minuscola che sia. Non siamo qui per farci usare, manipolare, o per farci prestare le opinioni altrui. Altrimenti che vita frustrante e priva di senso sarebbe? E poi sono intollerante all’ipocrisia e alle menzogne.

Senti, in tutta franchezza, ma non sarebbe stato meglio aprirti un blog a parlare di sesso, segreti e bijoux? Insomma, chi te la fa fare?

Non potete immaginare quante volte, nelle serate tra amici, è venuta fuori questa provocazione. Non sarebbe stato meglio realizzare “Inchiostro Rosa? Spifferare tutti i pettegolezzi carpiti tra una conferenza e l’altra, intrecci di natura sentimentale e sessuale che spiegano l’exploit di alcune carriere e la nascita di strani sodalizi. Qualcuno si è già avviato lungo questa strada, ma non credo che produca un grande beneficio ai lettori e alla propria professionalità. Mi considero una persona discreta e riservata. Vivo il giornalismo come un vocazione, come un servizio da rendere agli altri. Sarò matta, ma preferisco mille visite in meno e un pizzico di dignità in più.

Taranto citta’.. Continua tu!

Una città incapace di valorizzare se stessa. Si guarda allo specchio e si sputa in faccia, anche quando non dovrebbe. Una città troppo votata al vittimismo, al disimpegno, alla frammentazione. Una città spesso invidiosa dei progressi altrui. Eppure, Taranto è una città con dei tesori dal valore inestimabile: dalle ricchezze naturali custodite nel mar Piccolo al patrimonio architettonico della Città Vecchia. Taranto è una città bendata che non sa godere delle proprie bellezze. Per fortuna ci sono tanti tarantini che della benda si sono liberati o si stanno liberando. Loro sanno guardare la città in tutta la sua interezza e dicono: c’è del marcio, è vero, ma non è ancorandoci a quello che ci salviamo.

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In tanti piangono e si disperano. E tu?

E’ normale vivere momenti di disperazione o scoramento. Ma pur vivendo in una realtà durissima nutro un forte sentimento di fiducia. E’ come se riuscissi a percepire sempre la luce che c’è oltre l’oscurità. Anche nei periodi più difficili, intravedo delle potenzialità, sia mie che della città, ancora tutte da scoprire ed esprimere. Piangersi addosso non serve a nulla. E’ consentito solo per pochi attimi di sfogo. Poi, bisogna guardare avanti e battersi per raggiungere sempre nuovi traguardi. Non c’è alternativa per chi vuole crescere.

Siamo seri: perché tutto il mondo pensa che Taranto sia la città dei veleni quando Milano e Torino forse stanno peggio?

Da giornalista “green”, devo precisare che l’inquinamento di Taranto è diverso da quello delle metropoli citate. Le nostre polveri sottili hanno una composizione differente: un mix di sostanze inquinanti e cancerogene che in altre realtà non esiste. Taranto è la città del più grande siderurgico d’Europa. Senza dimenticare l’apporto inquinante della raffineria Eni. I dati sui tumori parlano chiaro e non sono un’invenzione mediatica. Mi sembra scontato che altrove Taranto venga percepita come la città dei veleni. Spetta a noi tarantini far emergere anche l’altra metà della luna, quella più sana e attraente. Non possiamo prendercela con gli altri, se proiettiamo all’esterno solo le nostre brutture (contro cui dobbiamo continuare a batterci).

Chi ce l’ha mandato Franceschini? Sempre i servizi segreti?

Più che chiedermi chi ha mandato Franceschini, mi soffermerei su chi ha scelto, finora, i rappresentanti politici locali. E purtroppo lo sappiamo bene: noi e i nostri concittadini. Finché non si invertirà la tendenza a premiare col voto i peggiori, quelli bravi solo a promettere un presunto “posto al sole”, questa città avrà poche possibilità di riscatto. Al di là di chi gestisce il potere a Roma o a Bari, in buona o cattiva fede che sia.

Beh ora fingiti maga e dicci quale sarà il futuro di Taranto

Rispondo con un timore e con una speranza. Il timore è che si continui a navigare a vista, in balia degli eventi esterni, impreparati a fronteggiare scenari drammatici, sia a livello sociale che economico, legati alle sorti dell’Ilva. Ed è un timore fondato sulla realtà dei fatti e sulla mancanza di un valido piano B che andava programmato da tempo. La speranza è che le teste pensanti della città siano in grado di imporre scelte coraggiose e lungimiranti. Che la spinta verso l’innovazione tecnologica e lo sviluppo di attività legate al turismo, alla cultura, all’agroalimentare e alla green economy abbia un’accelerata. Insomma, sogno una città che si libera delle tossine fisiche e mentali legate alla grande industria inquinante, puntando sulle risorse umane, culturali e naturali. Una città che smette di leccarsi le ferite per esibire i suoi punti di forza.

E quello dei suoi abitanti?

Il destino della città è anche il destino dei suoi abitanti. Se sapranno aprire gli occhi sulle bellezze e le potenzialità del territorio, saranno dei cittadini un po’ più fieri delle proprie origini e del proprio presente e abbastanza forti per affrontare le sfide del futuro. Ma serve una benefica contaminazione da parte delle energie nuove, quelle che crescono dal basso. Le nostre speranze sono nelle mani dei ventenni di oggi, che non hanno le colpe delle vecchie generazioni e nemmeno la scusante di non essere abbastanza informati per permettersi un cambio di passo.

E adesso dicci chi vuoi diventare da grande?

Il mio sogno più grande è quello di vedere crescere InchiostroVerde al punto tale da poter mettere su la migliore redazione della città, formata da “giornalisti giornalisti” e non da “impiegati della notizia”. Mi piacerebbe essere il direttore di un gruppo di giovani grintosi, competenti e appassionati, che non si limitino ad avvicinare il registratore al politico di turno, ma che sappiano coltivare uno spirito critico e allo stesso tempo costruttivo. Al momento, sono contenta di poter contare, tra gli altri, su una penna preparata e graffiante come quella di Gianmario Leone, collaboratore del TarantoOggi e del Manifesto.

Ultima domanda. Fai conto di essere il prossimo sindaco di Taranto. Dicci le prime 5 cose che faresti per mettere in moto economia, commercio e lavoro?

Senza entrare nello specifico di singoli progetti, vi dico quale approccio avrei. Innanzitutto, metterei su una task force formata dai professionisti più validi e competenti del territorio per raccogliere al meglio le sfide offerte dalla programmazione comunitaria 2014-2020 in modo da poter sfruttare tutte le opportunità offerte dai fondi europei in materia di tutela dell’ambiente e del paesaggio, conservazione della natura, mobilità sostenibile, uso efficiente delle risorse. Sceglierei come assessori i migliori esperti del territorio e non gli amici degli amici. Supporterei tutte le iniziative sociali e culturali che giungono dal basso e dalle forze sane della nostra comunità. Mi concentrerei sulla valorizzazione della Città Vecchia, sul recupero delle aree demaniali, su un utilizzo turistico del porto e sul rilancio del mar Piccolo. Mi batterei per trasformare questo splendido bacino in una Area Marina Protetta. Ispirata da una profonda conoscitrice del mar Piccolo come Rossella Baldacconi, dottoressa in Scienze Ambientali, immagino un’area in grado di favorire un circolo virtuoso di attività: dal turismo subacqueo alla ricerca scientifica, dalla divulgazione nelle scuole alla nascita di un artigianato legato al mare. Il suo sogno ad occhi aperti è anche il mio.

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