La bellissima masseria fortificata si trova nel quartiere “Lama Battaglia” di Taranto ed è caratterizzata da un meraviglioso giardino e un grande aranceto
(racconto di Gianluca Guastella, storico ed archeologo)
Era l’alba del 14 settembre 1594, quando nel Mar Grande giunsero cento e più galere saracene, la flotta navale turca terrore dei cristiani.
I Saraceni sbarcarono alle Cheradi, occupandole quando ancora erano deserte perché utilizzate solo dai pescatori di frodo e dai contrabbandieri. Poi passarono ad attaccare le torri costiere di capo San Vito e capo Rondinella.
Sbarcarono alla foce del Tara, definito alla maniera petrarchesca “un vago e picciol fiume, / con dolci acque agli occhi chiare e belle”, per provvedersi di acqua e vettovaglie o di legname per riparare le navi.
La città era ben difesa dalle superbe fortificazioni aragonesi sia verso porta Lecce e la torre di Raimondello Orsini a porta Napoli, dai due ponti che separavano il Mar Piccolo dal Mar Grande, dalla gran quantità di armi e munizioni e soprattutto dall’animo dei cittadini pronti a difenderla a tutti i costi.
I Turchi vennero respinti. Le perdite dei Turchi furono considerevoli tanto da costringerli a ritirare le loro navi che fecero rotta verso l’Albania.
Testimone muta e sbigottita di questo scontro, una bellissima masseria fortificata, situata a Lama che da allora prese il nome di “Masseria della Battaglia”.
Era della famiglia dei conti tarantini D’Aquino, meglio conosciuta come “Levrano D’Aquino” e dove, a quanto risulta, tre secoli dopo, Tommaso Niccolò D’Aquino, scrisse le sue “Deliciae Tarantine”, un poemetto in esametri latini in 4 libri, in cui tesseva un elogio della città di Taranto mediante la descrizione delle sua bellezze naturali e delle attività dell’uomo, quali la pesca e la caccia.
Fu in seguito acquistata da un’altra famiglia nobile tarantina, quella dei marchesi Bonelli- Beaumont. E fu questo fino ai giorni nostri, agli anni settanta, per intenderci, allorché l’ultimo dei suoi discendenti.
Il marchese Bonelli –Beaumont, però, aveva lasciato l’usufrutto dei suoi beni alla moglie, Teresa Berger, una bellissima francese che aveva conosciuto a Parigi.
A questo punto fa il suo ingresso un avventuriero, il quale, un bel giorno, si presenta alla vedova, porge le sue condoglianze e dice di essere debitore al defunto di un bel po’ di milioni che il marchese gli aveva prestato, per amicizia, in un momento di difficoltà finanziarie.
Poi, stacca un assegno e lo porge alla nobildonna, rinnovandole i sensi del suo cordoglio.
La marchesa Berger ne rimane vivamente impressionata, tanto che di lì a poco il nostro diventa un assiduo frequentatore di casa Beaumont, proprio alla Masseria della Battaglia, stupendamente arredata e impreziosita da quadri di autore che il marchese aveva raccolto in giro per il mondo, ma, soprattutto, in Francia.
L’amicizia si stringe a tal punto che il nostro avventuriero propone alla vedova di sostenerlo nella sua intenzione di fare un’offerta alla Fondazione Nobel per rilevare l’eredità immediatamente, pagandone il corrispettivo, senza aspettare la sua morte, ma assicurandole che ella, Teresa Berger, sarebbe rimasta lo stesso padrona dei beni mentre era in vita.
Accolta la proposta, i due si recano a Stoccolma e, inaspettatamente, la Fondazione Nobel, pur di realizzare subito, accetta l’offerta e, per qualche centinaio di milioni di lire (trecento o poco più), cede tutta l’eredità al nostro, senza neppure darsi pena di farsi fare una stima che avrebbe appurato essere il patrimonio del marchese Carlo di molti miliardi di lire. A quel tempo, il valore della masseria andava ben oltre quella cifra incassata dalla Fondazione Nobel.
La masseria della Battaglia si distingue da tutti gli altri tipi per la linearità costituita da un fabbricato unico a due piani con i locali e la cappella a pianterreno e con una differenziazione nelle volte dei vani: a botte nei locali di servizio, a crociera nella cappella, a padiglione e a lunetta negli ambienti residenziali.
In ogni caso, ben prima che la marchesa morisse (nel 1973) i rapporti tra i due si erano gravemente incrinati, con Teresa Berger che non esitò ad accusare il suo ex amico di averle trafugato gran parte delle sue preziosissime tele, con strascichi ed accuse pesanti nelle aule di giustizia. Furti che non furono mai provati, tanto che il nostro intelligentissimo avventuriero, alla dipartita della marchesa, divenne proprietario di un grandissimo patrimonio.
E’ anche vero che fu costretto, in seguito, a rispondere ai giudici di “lottizzazione abusiva”, in quanto la vastissima area in prossimità della Masseria della Battaglia in venti anni o poco più, divenne una sterminata colata di cemento, prendendosi anche qualche condanna.
Ma forse di una cosa dobbiamo essergli grati: quello di aver preservato e, anzi, sapientemente restaurato la “Masseria della Battaglia”.
Masseria della Battaglia risale al XVII secolo e si presenta come una masseria a corte chiusa, con fortificazione come una sorta di muraglia e le garitte.
Oggi è caratterizzata da un giardino ricco di calle e pervinche e da un ampio aranceto che è stato abbellito dalle ceramiche del ‘700.
La cappella fa tutt’uno con la struttura padronale ed è stata la prima cappella di Lama. Una piccola lapide sul muro della cappella datata al 1795 dice: “Qui non si dà asilo”.
Rare ed occasionali sono però le possibilità di visita concesse dagli attuali proprietari che abitano la Masseria Battaglia.
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