Fino al XVIII secolo, le colonne residue del Tempio Dorico di Taranto erano circa una decina. Non tutti sanno che furono abbattute
Le colonne che si ergono dietro la recinzione in Piazza Castello, nel cuore della Città Vecchia di Taranto, costituiscono l’unica testimonianza rimasta del maestoso tempio dorico dedicato a Poseidone.
Imponenti e solenni, accolgono i visitatori che attraversano il Ponte Girevole, portando con sé una storia che si snoda attraverso i secoli.
Sebbene in Italia siano presenti altri templi dorici, prevalentemente nelle regioni della Sicilia e della Campania, quello di Taranto, o quanto ne rimane, è il più antico sito di culto della Magna Grecia.
Pensateci un attimo: le nostre colonne doriche, uniche sopravvissute di un tempio che fu, hanno visto la luce prima di quelle di città illustri come Siracusa e Paestum.
Da qui, da Taranto, ebbe inizio tutto il resto. E di ciò, francamente, sono fiero.
In questo articolo, esploreremo la storia del Tempio di Poseidone, una narrazione ricca di vicissitudini e colpi di scena che merita di essere raccontata.
Fino al XVIII secolo, le colonne residue del Tempio Dorico di Taranto erano circa una decina.
Lo sappiamo grazie al resoconto di Artenisio Carducci, nel commento alle “Deliciae Tarentine” di Tommaso D’Aquino, che menziona “dieci spezzoni di colonne d’ordine dorico” successivamente infrante per permettere la costruzione del Convento dei Celestini.
Di queste, solo una è rimasta a testimonianza dell’antica esistenza del tempio.
Considerando l’importanza di questo reperto, ci si aspetterebbe che la colonna superstite fosse degna di un cartello esplicativo o di una illuminazione adeguata. Ma niente di tutto questo.
La solitaria colonna era letteralmente inglobata nella struttura muraria di un piccolo cortile (quello dell’ex ospedale dei Pellegrini, adiacente al Convento dei Celestini), e il suo capitello fungeva da base per un balcone addobbato con vasi di piante e fiori.
Le prime indagini di Luigi Viola sul Tempio Dorico di Taranto
Luigi Viola fu il primo a avviare i lavori di rinvenimento del Tempio Dorico di Taranto. Fece liberare il fusto dell’unica colonna visibile, liberandolo dagli strati di intonaco che ne offuscavano l’aspetto, scavò in profondità fino a scoprire i rocchi inferiori della colonna e individuò un secondo capitello completamente inserito nella struttura.
Era l’anno 1881 e, da allora, non furono intraprese ulteriori ricerche archeologiche. Era chiaro che qualsiasi indagine successiva avrebbe richiesto la demolizione parziale o totale delle strutture esistenti, ma le autorità ecclesiastiche erano riluttanti a permettere la distruzione dei luoghi sacri sotto la loro giurisdizione.
Poi, qualcosa cambiò. Qualcuno mostrò interesse per le rovine del Tempio?
Non esattamente. I lavori di demolizione del Convento dei Celestini (ora divenuto distretto militare) ebbero inizio, ma solo per la costruzione del Palazzo delle Poste. Taranto aveva bisogno di un edificio da dedicare a questo scopo e, con tanto spazio a disposizione, l’area dell’ex Convento fu scelta senza esitazione.
E così accadde che, durante i lavori di costruzione delle Poste, emersero i primi blocchi di carparo del tempio dorico. E arriva anche il decreto di inedificabilità dell’area.
L’intervento di Mussolini
Il prezioso ritrovamento archeologico di Taranto generò persino una controversia tra il Ministero delle Comunicazioni e il Ministero della Pubblica Istruzione. Il primo chiese al secondo un indennizzo per l’opera non realizzata e per l’area non sfruttata. A dirimere la questione intervenne una lettera di Mussolini indirizzata a Costanzo Ciano, all’epoca Ministro delle Comunicazioni.
Così il Palazzo delle Poste venne eretto nella sede attuale, nel Borgo nuovo.
Come Era Fatto il Tempio di Poseidone?
Attualmente, del Tempio di Poseidone sopravvivono due colonne e la base di una terza. Tuttavia, calcoli approssimativi indicano che sul lato lungo ne dovevano essercene almeno 13.
La scanalatura delle colonne aveva una funzione precisa: la luce solare vi incidendo sopra, variabile nel corso del giorno, creava piacevoli effetti chiaroscurali che conferivano all’edificio una maggiore rilevanza.
L’ingresso del Tempio di Poseidone si affacciava sicuramente sul canale navigabile, poiché quasi tutti i templi greci avevano il fronte rivolto ad oriente.
A Chi Era Dedicato il Tempio Dorico di Taranto?
L’attribuzione del Tempio Dorico a Poseidone risale a Luigi Viola, considerando semplicemente che il dio del mare era il patrono di Taranto e quindi i coloni non avrebbero potuto che dedicargli il principale luogo di culto.
In realtà, è più probabile che il monumento fosse dedicato ad una divinità femminile. Si contendono il titolo Artemide, Atena e Persefone, con una leggera preferenza per quest’ultima.
Inoltre, durante gli scavi per il rinvenimento del Tempio Dorico, sono stati trovati 3 frammenti di statuette raffiguranti una donna seduta in trono, insieme a resti di ossa, zanne di suini e terra bruciata. Questa combinazione di elementi rende più che verosimile l’ipotesi che nell’antico tempio i coloni effettuassero sacrifici in onore di una divinità femminile.
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