Masseria Cimino è oggi un bene vincolato dal Ministero dei Beni Culturali ed è abitata dagli ultimi discendenti della Famiglia Pantaleo che occasionalmente ne aprono una parte per consentire incontri e visite al pubblico
Denominata anche Casino Cimino o anche Villa, Masseria Cimino sorge nel versante Orientale di Taranto, nel tratto che conduce a San Giorgio. È costituita da due nuclei separati, cori accesso da un vasto piazzale.
Dà il nome al parco prospiciente, oggi chiamata Pineta Cimino, frequentatissimo polmone verde della città.
Caratterizzata da pianta rettangolare a due livelli, è la tipica villa signorile, databile intorno alla fine del ‘700 e riveste caratteri di eccezionalità per qualità architettonica.
Attraverso un ambiente voltato a stella, si accede in una corte a pianta rettangolare, pavimentata con le classiche lastre di calcare locale ben squadrate.
Qui Masseria Cimino presenta il suo prospetto principale, dominato dal volume del vano scala caratterizzato da ampie vetrate poste fra lesene con capitelli compositi, sui quali poggia un fregio che doveva essere coronato da un frontone spezzato.
All’interno, al piano nobile, si conservano pregevoli pavimentazioni in maiolica del XIX secolo.
Sul fianco sinistro della villa, un articolato sistema di scale con ricche balaustre in pietra scolpita, porta ad un giardino con alberi secolari; sul fianco destro, a quota inferiore di due metri rispetto alla corte d’accesso, un giardino di minore estensione caratterizzato da una fontana con pozzo centrale.
Inserita nel complesso dì costruzioni, in parte adibite a stalla, in parte ad abitazione contadina, una cappella con cupola emisferica e piccola torre campanaria.
E’ attestata una vasta area di frammenti a vernice nera e acroma, nonché fittili architettonici.
Nel 1776 il barone Francesco Maria Pantaleo acquistò il casino di campagna denominato Casino Cimino dal Sig. Antonio Calò, pronipote dell‘amministratore del marchese Alfonso Cimino, prefetto di Gaeta.
Nella platea di famiglia è ben descritto il giardino: in essa sono dettagliatamente segnate le antiche piante che si sono conservate sino ad oggi.
Con il tempo il Casino venne gradualmente ampliato fino a che nel 1853 ebbe l‘assetto definitivo ed attuale ad opera del barone Alessandro Hubert cognato del Barone Giacomo e nipote di Francesco Maria. La sua origine viennese può giustificare il gusto mittel europeo e poco mediterraneo della facciata con gli archi, le lesene ed il bugnato, che però riporta alla nostra terra per il tipo di materiale adoperato e lasciato a vista.
Dal 1776 e fino al 1977 questa fu la residenza estiva della famiglia Pantaleo, mentre la residenza invernale era il raffinato palazzo nella Taranto Vecchia sulla omonima Rampa.
Dal 1977 al 1997 la villa è stata abbandonata e quindi inevitabilmente saccheggiata dai ladri e dai vandali ed ha subito i danneggiamenti e le ingiurie del tempo.
Nel 1997, su sollecitazione della Soprintendenza per i Beni Culturali di Taranto, furono avviati i lavori di restauro che dopo 4 anni hanno riportato la struttura allo stato che le immagini della seconda metà dell‘ottocento rappresentavano.
La Villa è oggi un bene vincolato dal Ministero dei Beni Culturali, fa parte delle Dimore Storiche e viene abitata dagli ultimi discendenti della Famiglia Pantaleo che occasionalmente ne aprono una parte per consentire incontri e visite al pubblico.
Fonti
Archivio SABAP – LE
A.V. Greco, Masserie del Tarantino. Il territorio urbanizzato, Martina Franca 2002, pp. 68-76,
n.25.
A. Cocchiaro, Contributo per la carta archeologica del territorio a sud-est di Taranto, in Taras 1,
1981, p. 54, n. 2 (Masseria Pantaleo)