Monica Caradonna e la rivoluzione gentile nella dermocosmesi

Monica Caradonna

Abbiamo intervistato Monica Caradonna, la giovanissima tarantina che, con un progetto culturale e commerciale improntato alla eco-sostenibilità, vuole rivoluzionare la dermocosmesi

In ogni cosa che fai ci metti passione, energia, entusiasmo. E’ evidente. Qual è il segreto?
Non c’è nessun segreto, ma soltanto una predisposizione caratteriale. Non amo le persone negative, non amo chi fa del vittimismo la sua bandiera. Io, quando sono stata in difficoltà, mi sono tatuata una guerriera sul braccio e ho affrontato con dignità problemi e disagi.

A quale progetto stai lavorando adesso?
In questo momento sto lavorando al progetto della mia vita! Il 27 settembre presenterò la mia linea di cosmetici senza glutine, senza parabeni e nickel tested, quella che mi piace chiamare la mia piccola grande rivoluzione gentile nella dermocosmesi. Non è una mera operazione commerciale, ma è un progetto culturale prima di tutto. L’antropizzazione volgare ed eccessiva sta distruggendo tutto quello che ci circonda e io sono avvelenata da metalli, quello che faccio attraverso il mio blog (www.annichelitamafiga.com) e ora con questa produzione ecosostenibile e di alta qualità, è ricordare a tutti quelli che mi seguono che dobbiamo tornare ad amarci e ritrovare il giusto equilibrio con la natura di cui abbiamo troppo abusato.

Cosa ti terrà impegnata nei prossimi anni?
Prendermi cura di me e delle persone che amo, come sempre.

Sei felice?
A questa domanda non hanno risposto neanche i più grandi filosofi figurati se posso farlo io. Lavoro ogni giorno per costruire la mia felicità. A volte ci riesco a volte meno, ma quando faccio i conti con la mia coscienza la bilancia pende sempre verso il positivo.

Qual è lo stato di salute dell’informazione rispetto alle note problematiche ambientali ed economiche che affliggono la città? Quanto possiamo considerare indipendenti i vari editori?
Io credo che nel sistema italiano dell’informazione ciascun editore persegua principalmente i suoi obiettivi e interessi quindi mi sembra difficile, ahimè, parlare di editori indipendenti.

Cosa sta cambiando nel fare informazione e quale futuro ci aspetta visto il continuo fiorire di blog, pseudo blog e testate on line?
Bisogna osservare le evoluzioni e adeguare la comunicazione ai nuovi strumenti. Diversa cosa è l’informazione che nella sua deriva formato blog a me non fa impazzire ma mi diverte, ma sicuramente impone nuove regole, più attenzione nel raccontare le notizie, meno superficialità perché la rete osserva, giudica, guarda. Una sorta di moderno Big Brother di Orwelliana memoria.

Cosa cambieresti di questa città?
Ci metterei più cultura, più buon gusto, meno vittimismo, più qualità in genere. C’è troppa volgarità e c’è una totale mancanza di visione del futuro. Forse è un errore genetico che addirittura non ci fa considerare il futuro neanche nel nostro dialetto. Da noi si dice “agghia sce’” e non andrò, questo la dice tutta. Paghiamo una totale assenza di borghesia illuminata negli ultimi 50 anni. I professionisti come gli operai hanno vissuto all’ombra delle grandi industrie e delle amministrazioni pubbliche. Saltati questi sistemi economici è andato in tilt il mercato.

Hai pensato di mollare tutto e invertire la rotta?
Per carattere non mollo mai.

Cosa o come sarai tra vent’anni?
Io sono del segno della Bilancia, una finta equilibrata. Non sarei in grado di dirti dove sarò questo pomeriggio, figuriamoci tra vent’anni. Spero solo di star bene ovunque sarò.

Cosa ti rimproveri di non aver fatto ancora?
Sono una persona fortunata perché ho sempre fatto quello che ho desiderato. A fronte di questo sono stati tanti i sacrifici, ma ho un taglio positivo nella mia vita quindi non mi lamento mai e appena porto a termine un progetto sto già pensando al successivo. Forse l’unica cosa che mi manca è un figlio, ma questa è un’altra storia.

Cosa rimproveri alla tua generazione?
Forse è mancato in un certo senso il coraggio di essere disubbidienti. I quarantenni di oggi sono preparati, specializzati, molti ricoprono incarichi importanti, troppi sono andati via. Ecco mi piacerebbe che si creasse una rete fattiva e propositiva con chi è andato fuori e che ha voglia di riannodare il filo dell’appartenenza e che vuol sentirsi utile per Taranto; vorrei che chi è rimasto promuovesse una rivoluzione culturale e che soppiantasse questa politica che ci governa. Io sono per la qualità spinta e non sopporto la gente ignorante nei posti di controllo e di comando.

Di chi è la colpa se la città è ridotta in questo stato di cose fatto di emergenze, crolli, inquinamento, delinquenza?
Le colpe sono di tutti: di chi governa senza un progetto, di chi si lamenta e non interviene, della giustizia lenta che ci mette anni per indagare un corrotto e per individuarne le colpe, di chi può fare e non fa. La colpa più grande è lo stato di bisogno in cui certe lobby vogliono mantenerci. Come se ne esce? Con la professionalità e con la qualità. Ci vorrebbe una certificazione di qualità per tutti, dai politici ai dipendenti pubblici. Io, da libero professionista, se sono brava lavoro e guadagno, se non sono brava sono fuori dal mercato. Altri, invece, scaldano poltrone e sono complici della burocrazia che ammazza lo sviluppo. Certifichiamo anche i dipendenti pubblici, Comuni, province, Regioni, Asl: lavori? Raggiungi obiettivi? Ok, altrimenti ricomincia dalla gavetta.

La città sta vivendo anche una fase di fermento, in cui stanno emergendo frequentemente idee, proposte, progetti che evidenziano una voglia di cambiare non indifferente. E’ davvero così? O continueremo ad essere la città a vocazione industriale che siamo stati per 50 anni e più?
Vogliamo convertire il paradigma dell’economia? Ci vuole tempo, ci vogliono servizi, ci vuole professionalità, ci vuole creatività. Diversamente resteremo quelli delle sagre a suon di birra e panini con la salsiccia.

A distanza di un anno circa, ha avuto modo di conoscere Made in Taranto. Che ne pensi? Cosa senti di dirci per migliorare?
Non conosco bene questo progetto, ma ogni iniziativa che crea rete è un buon inizio verso il cambiamento. Da soli non si va da nessuna parte. Io credo che la grandezza di un leader sia avere la squadra migliore. Ecco, scegliete il meglio, sempre.

Se pensi ad una Taranto fra vent’anni, come te la immagini?
Dobbiamo parlare di sogni realizzabili o di progetti o breve, medio e lungo termine? Di sogni non si vive purtroppo anche se aiutano. Di progetti non ne vedo troppi, ma non perdo la fiducia e la speranza.

Cosa fai per la nostra città?
Nonostante tutto la amo. Io ho pagato il mio pegno in termini di salute, ma nonostante tutto sono legata a questa terra come si è legati a una madre bastarda, la ami a prescindere da quello che ti ha tolto. Quando mi sono occupata di informazione ho fatto il mio dovere. Oggi continuo ad amarla, a rispettarla e a promuovere iniziative positive.

Cosa cambieresti dell’attuale politica? Cosa c’è che non va? E perché non va?
Le lobby. Il pressapochismo. La visione ristretta. L’assenza di lavoro di squadra. Magari impartirei anche qualche lezione di italiano a qualche rappresentante delle nostre istituzioni. Ai nostri politici suggerirei di andare a recuperare i talenti che questa città esprime nel mondo e creerei gruppi di lavoro permanenti al di là degli interessi beceri di una politica da “piatti di pasta e fagioli”.

Com’è cambiata la città vista con gli occhi di te adesso e di Monica vent’anni fa?
Nel 2001 a 26 ho firmato il mio primo contratto di lavoro dopo diversi anni di gavetta. All’epoca si parlava di porto e di retroportualità, di aeroporto, di turismo. Oggi dopo 13 anni nulla è cambiato. Tra vent’anni mi auguro che i temi possano cambiare, per me e per i figli di questa Taranto.

Monica Caradonna

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