Masserie, casali e castelli di Statte: patrimonio turistico da valorizzare

Tutti parlano di turismo, ma pochi si rendono conto di quanto patrimonio storico-architettonico caratterizzi il nostro territorio e quanta parte di questo, tra cui anche le masserie, casali e castelli di Statte, sia abbandonato a se stesso e perfettamente sconosciuto

Statte è un piccolo borgo a pochi chilometri da Taranto.

Il suo territorio è caratterizzato da una ricca presenza di grotte naturali, Dolmen, numerose antiche tombe e dall’acquedotto romano del Triglio.

In epoca romana la contrada corrispondente all’attuale Statte fu abitata da cittadini romani o locali di ceto medio-alti.

Infatti l’acquedotto del Triglio fu costruito intorno al 123 a.C.. per assolvere ai bisogni delle ville di cittadini che avevano scelto Statte per la sua aria salubre e per rifornire di acqua templi e altri luoghi pubblici come il porto mercantile e militare di Taranto.

Questo lembo di terra si caratterizza anche per la copiosa presenza masserie, casali e castelli di Statte.

Uno dei luoghi meno conosciuti è il Casale di Statte, di epoca medievale, le cui prime notizie certe sono documentate in un Inventario del 1406 circa che includeva il casale Statte nei beni situati nei territori di Taranto. La sua nascita risale certamente ad un periodo precedente.

La costruzione del Casale di Statte risale al periodo in cui, dopo secoli di abbandono delle nostre campagne, queste furono ripopolate in seguito alla distruzione di Taranto avvenuta nel 927 ad opera dei Saraceni; in tale occasione molte famiglie tarantine trovarono un rifugio sicuro nelle grotte naturali delle gravine e dei canali.

Fu ripopolato anche il Canale della Zingara (le grotte) e la zona della cappella rurale di S.Michele.

Delle vicende del casale intorno all’anno mille non si sono trovati documenti; dei primi feudatari che si ha notizia citiamo ad esempio Giuseppe De Stella che nel 1378 era proprietario solo della metà dell’intero casale.

Numerosa è la presenza di masserie, ancora abitate da mezzadri e contadini che si dedicano alla cura delle terre. Tra queste:

Masseria di Leucaspide, bianca, circondata da una veranda ad archi, si fregia di un singolare giardino storico, di una chiesetta, di splendidi campi e frutteti.

Fu costruita dai Gesuiti nel ‘500, nel Seicento masseria e gravina furono possedimento dell’ordine monastico delle Clarisse e nell’ottocento appartenne a sir James Lacaita, gentiluomo italo inglese, patriota e senatore del regno d’Italia, sospettato di essere agente segreto della corona inglese. Il figlio, Charles fu un valente botanico che condusse importanti studi sulla flora delle gravine.

Masseria Todisco, caratterizzata dalla presenza di garritte e torri di avvistamento tali da renderla fortificata.

foto di Armando Grassi

Conserva integre le caratteristiche architettoniche e morfologiche di un casale. E’ dotata di un caratteristico frantoio ipogeo, composto da due macine e da una batteria di torchi alla genovese, una serie di stanze ai lati del corridoio sottostante, di cui alcune adibite al contenimento delle olive (scaricate nei relativi fori) e altre come dimore per animali e per prestatori d’opera .

Masseria Spagnolo, nota come Castello Spagnolo, è un’elegante e ricercata struttura ricettiva.

Al piano terra ospitava le stalle, il magazzino, il deposito degli attrezzi e gli alloggi per i lavoranti. La casa patronale, invece, si trovava al piano superiore. Il suo nome era dovuto ad un cavaliere spagnolo, Fabiano De La Torre che ne era stato il proprietario fino al cinquecento.

Nell’800, la masseria subì delle importanti modifiche che ne hanno conferito l’aspetto di un castello medievale al cui fianco vi è una cappella con campanile a torretta e, sul retro, un grande giardino che accoglieva i nobili nelle ore di svago.

Masseria Accetta grande e Accetta Piccola, Capocanale, Giranda, Grottafornara, Santa Teresa sono solo alcune delle tante meraviglie scivolate nell’oblio dei tempi.

Tutto questo rappresenta un patrimonio storico-architettonico che potrebbe diventare uno dei perni strategici per accelerare il passo verso un futuro turistico del nostro territorio.

Quello che noto invece è che, nonostante le centinaia di tavoli politici e sindacali sul tema del turismo che disquisiscono sull’importanza della valorizzazione di luoghi come questi, tutta questa meraviglia resti alla mercè dei poveri privati che fanno quel che possono.

Manca ancora una visione comune del turismo, manca una cabina di regia che avvii il processo di valorizzazione di risorse storiche e architettoniche determinanti per il futuro della nostra terra.

Manca tutto, tranne le promesse.

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