Se chiude Ilva, Taranto rinasce: lo dimostrano casi eccellenti fuori confine

Bonificare, riconvertire, riqualificare. Non è una illusione. Taranto rinasce. Si può fare e lo dimostrano i casi eccellenti internazionali. Il più eclatante è quello della Ruhr e di Pittsburgh dove hanno trovato lavoro 50.000 persone

Taranto rinasce, ma occorre volerlo.

50 anni di chiacchiere, di malaffare e di mala-politica ci hanno chiuso gli occhi e tarpato le ali, impedendoci di sognare.

Per 50 anni ci hanno insegnato che, per vivere felici, è sufficiente avere un posto all’Ilva.

Ed è così che, anno dopo anno, ci siamo lasciati morire dentro, illudendoci che quella maledetta fabbrica fosse l’unica realtà possibile.

Così nel 1960 hanno iniziato a devastare, a inquinare terra, mare e aria in nome del Pil, del benessere e del posto fisso.

Oggi ci stiamo finalmente svegliando e ci stiamo rendendo conto che, se da un lato ci hanno rubato il futuro, distruggendo tutto ciò che di magnifico questa terra ha sempre offerto, Taranto rinasce dalle sue stesse ceneri.

E’ chiaro che non basta scriverlo o chiederlo ma serve puntare i piedi, invocare il risarcimento dei danni subiti, la bonifica e la riconversione immediata di una terra che vuole riscattare se stessa.

Per 50 anni ci hanno spiegato che tutto questo non è possibile, perché i posti di lavoro sono più importanti della salute. Poi ci hanno detto che la fabbrica si può “ambientalizzare”. Poi ancora ci hanno riempito la testa di promesse, svendendoci per un pugno di monete agli indiani che, però, hanno capito che qui non è più aria.

Taranto rinasce, può rinascere. E lo dimostrano i casi eccellenti della Ruhr e di Pittsburgh, dove hanno trovato un posto di lavoro 48.000 mila persone, altro che i 3/.4000 tarantini attuali.

Pittsburgh è una città della Pennsylvania che fu capitale mondiale dell’acciaio e che poi, con il tracollo dell’industria pesante, sembrava essere diventata il simbolo della fine di un mondo, un rottame metropolitano.

Nel reportage di Marzio G. Mian, si poteva leggere la testimonianza di Tony Buba, ex operaio delle acciaierie: “Qui non si vedeva niente, i lampioni erano accesi anche di giorno, il fumo degli altiforni offuscava tutto, i fiumi erano neri e putridi. Poi le fabbriche hanno chiuso i cancelli, la città s’è fermata, la nebbia ha cominciato a diradarsi e pian piano è comparso il sole. A quel punto la gente ha scoperto di vivere in una città meravigliosa, ha deciso che bisognava farla rinascere. Ed eccoci qui, con l’Economist che dichiara Pittsburgh addirittura la città più vivibile d’America.”

Pittsburgh ha chiesto ed ottenuto una rapida e straordinaria riconversione delle sue aziende in direzione dei servizi e dell’alta tecnologia. Oggi questa è la città dei trentacinque college e università (Carnegie Mellon e University of Pittsburgh i fiori all’occhiello) delle nanotecnologie, della bioingegneria, hub ospedaliero guidato dall’Upmc, uno dei più importanti provider sanitari del mondo, leader nel settore trapianti, che dà lavoro a 50 mila persone con un giro d’affari di 5,6 miliardi di euro”.

Le grandi industrie vengono così riconvertite in produzione per la robotica, la biomedicina, l’ingegneria nucleare, la finanza e i servizi.

Tutto questo produce un giro di affari di circa 11 miliardi di dollari. Pittsburgh è ora la sede di Google mentre il Pittsburgh Medical Center dà lavoro a oltre 48.000 persone. Gli occupati degli istituti di medicina occupano circa 116’000, il 10 per cento di tutta la forza lavoro. E nel 2009 la città ha organizzato il G20.

Come Pittsburgh, Taranto rinasce, può rinascere!

Passiamo alla Rurh, in Germania.

Un tempo la Rurh era sinonimo di carbone ed acciaio Qui è stata fatta una scelta radicale di riconversione a favore della ricerca, della cultura, del turismo e dell’ecologia a partire dall’ Emscher Park, un fiume che prima era utilizzato come sistema di fognatura a cielo aperto per la zona industriale. La sua riconversione ecologica e la realizzazione di un parco regionale lineare è il simbolo dell’intervento di trasformazione dell’ex bacino industriale della Ruhr.

Il piano della Ruhr ha coinvolto circa 6000 ettari di aree industriali dismesse tramite l’intervento diretto dello Stato con una serie di finanziamenti straordinari, ma soprattutto con l’attivazione dei fondi europei e di sviluppo regionale con un costo complessivo superiore ai 2 miliardi di euro.

La cokeria, dismessa nel 1992, è stata trasformata in un percorso museale ed è stato allestito il museo della birreria accanto al teatro dell’opera, della prosa, ai musei Ostwall e Adleturm.

Tutt l’area fu sottoposta ad un ambizioso progetto di riqualificazione ambientale che ha visto la realizzazione di un grande parco, il parco regionale dell’Emscher, enorme area verde di oltre 320 chilometri quadrati che unisce 17 comuni ed è attraversata da sentieri e piste ciclabili. 

La riconversione ha contribuito a rilanciare l’economia locale, creando circa 5 Mila nuovi posti di lavoro e contrastando lo spopolamento dell’area.

Molti dei lavori sono tuttora in corso, per i quali sono stati spesi oltre 6 miliardi di euro anche per progettare e costruire un imponente sistema di gestione delle acque che ha ripulito le aree inquinate.

L’obiettivo è stato quello di renderla nuovamente attraente per gli investitori, valorizzando il capitale naturale e culturale disponibile e puntando sulla qualità delle infrastrutture e degli edifici.

Come la Rurh, Taranto rinasce, può rinascere!

Occorre recuperare l’orgoglio di appartenenza e il desiderio di prendere parte a un così ambizioso processo di riqualificazione.

Ce la possiamo fare!

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