Tarantello di tonno, prelibatezza dell’antica cucina tarantina

Il Tarantello, un tempo insaccato di pregio prodotto a Taranto, è oggi utilizzato a tranci in cucina per comporre piatti semplici e speciali in tutta Italia

credits photo: sceltedigusto.it

Il Tarantello di Tonno, dal nome della città di Taranto, antica patria di tonnare, viene conservato in olio extra vergine d’oliva secondo l’antica ricetta risalente al XVI secolo. Si ottiene dalla parte inferiore dell’addome del tonno, selezionando tranci intermedi fra quelli più grassi e quelli più magri. La parte migliore della ventresca è chiamata appunto tarantello.

Veniva conservato e servito alla stregua di un insaccato di particolare gusto e raffinatezza, fatto con un impasto di ventresca di tonno macinata e speziata secondo una ricetta del XVI secolo. Oggi invece viene prodotto a tranci e utilizzato in cucina per comporre piatti semplici e speciali in tutta Italia.

Il Tarantello… un cibo che rende onore al suo mare, al mare di Taranto. E’ una sorta di salame di tonno, ma non ha la forma di salame, lo ricorda nella consistenza dell’impasto. La ricetta risale al cinquecento.
Luigi Sada nel suo libro “Cucina pugliese di poveri” parla di questo piatto antico.
Bisogna prendere la pancia del tonno lavarla, salarla e disporla a strati in un barile, dove riposerà per circa un mese, dopodichè si lava e si mette ad asciugare al sole. A questo punto bisogna pestarla nel mortaio con pepe in polvere, chiodi di garofano e buccia di limone grattugiata, stemperando con aceto di vino bianco. Questo composto si mette in una pentola con poca acqua e si cuoce a fuoco lento fino ad ebollizione.
Si lascia raffreddare e si serve tagliato a fette, condito con origano, olio e aceto.
Se si vuole conservare, si mette in “capasedde” e si copre con olio.
Giovan Battista Basile, l’autore di “Lo Cunto de li Cunti” lo cita nella novella ” I due figli del mercante”, dove uno dei protagonisti, all’epoca del Regno di Napoli, abbandonando la sua città recita <<…addio zeppole e migliacci; addio cavoli e tarantello…Addio fiore di una città, sfarzo d’Italia, cocco pinto d’europa, specchio del mondo>>

Il Tarantello appare per la prima volta nella lista di un pranzo offerto dal Cardinale Campeggi all’imperatore Carlo V di Spagna nel XVI secolo proprio a Taranto, da dove la relativa tecnica di lavorazione passò alle tonnare di Sicilia e Sardegna e in particolare nella zona di Carloforte e Portoscuso, l’unica in cui si è mantenuta fino a oggi.

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Quest’antica prelibatezza costituiva un vanto per tutta la cucina cinquecentesca italiana, tanto da auspicarne un autentico recupero al pari della bottarga. Della ventresca mantiene in gran parte il gusto, priva della consistenza grassa e, a differenza del classico tonno, è più morbido. Nel Medioevo, esso era piuttosto in voga sulle tavole più ricche e menzionato nei primissimi ricettari italiani. Addirittura, in un libro scritto nel 1634 da un gentiluomo napoletano, Giovan Battista Crisci, intitolato La lucerna de Corteggiani, il Tarantello è menzionato più volte per fare zuppe, minestre, pasticci, polpette, polpettoni, pizze e pure per condire i maccheroni.

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Oggi è prodotto e venduto in Sardegna non più come insaccato o pesce salato, ma come un pezzo particolarmente pregiato di tonno che dopo essere stato bollito viene messo sott’olio in barattoli di vetro.
La lavorazione è di tipo artigianale, eseguita a mano secondo le usanze dei pescatori locali, garantisce un prodotto tenero, compatto e dal sapore intenso. La cura nella lavorazione del prodotto associato alle proprietà nutritive del tonno, come gli acidi grassi Omega 3.

Per saperne di più:

www.barisera.it/cucina/pesce.shtml
www.prodottitipici.com/leggi_ricetta.php?id_ricetta=37
www.larivistadelmare.it/dett_cambusa.php?id=296

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